giovedì 19 marzo 2015

LA CANTINA


Forse non tutti sanno, o immaginano, che quando ci si mette in cerca di una casa, una casa comprare intendo, si devono valutare una serie di fattori che vanno al di là del semplice: quante camere ci sono, quanti bagni, se è calda d'inverno e fresca in estate, se è silenziosa...ma non tutti sanno che la prima cosa da chiedere sarebbe ''da chi è stata abitata prima di noi?''. E con ciò non intendo semplicemente le persone che vi hanno abitato nel periodo precedente al nostro, noo, lo sono a posto, ma chi vi ha abitato nei secoli dei secoli.

Se quel maledetto 14 Febbraio del 1984 mi fossi posto questa domanda, Cindy non sarebbe morta ed io non sarei nel posto dove mi trovo ora, nel manicomio criminale di Boston, dove, in una stanza ricoperta di gomma-piuma, scrivo questa storia.
Ma cominciamo dall'inizio...cominciamo dall'autunno 1983, che con i suoi colori caldi faceva da sfondo a due giovani sposini americani, appunto io, Arthur Miller, all'epoca architetto in ascesa, e la mia dolce metà, Cindy Marlow, giovane laureata in antropologia, che non aveva ancora deciso cosa fare della sua vita ed impiegava il suo tempo facendo ricerca sui comportamenti umani in qualunque luogo si trovasse.
Fu per questo motivo che quando mi offrirono un importante lavoro in uno studio di Boston, Cindy mi seguì di buon grado e senza fare obiezioni, ricordo ancora adesso quello che disse quel giorno: << Dove vai tu, vengo io, siamo sposati ora!>>
Eravamo sposati da appena un mese, quando facemmo armi e bagagli e partimmo da Kansas City alla volta di Boston. Fu quello il periodo in cui cominciammo freneticamente la ricerca della casa...era come impazzita, Cindy voleva trovare una casa entro Natale...beh, effettivamente l'appartamento dove ci eravamo sistemati in affitto, non era un granché, ma io ero troppo assorbito dal lavoro per buttarmi a capofitto nella ricerca. Prendeva tremila appuntamenti al giorno con gli agenti immobiliari ma, nessuna delle case che vedevamo ci sembrava la casa perfetta.
A dire la verità non avevo nemmeno io un'idea esatta di come doveva essere questa casa perfetta ma, Cindy diceva che quando l'avremmo trovata avremmo saputo che era quella.
Nonostante però quell'assidua ricerca a cui lei mi sottopose in quei mesi, venne Gennaio del 1984 e poi Febbraio e noi non avevamo ancora trovato casa, fino a che, un giorno, un mio collega di lavoro mi disse che sua pro-zia aveva appena messo in vendita una villetta alle porte di Boston e che avrebbe voluto venderla solo a persone fidate. Mi propose di andarla a vedere il giorno stesso, poiché la proprietaria da lì a poco sarebbe dovuta partire e dopo non ci sarebbe stata occasione per visitarla..
Decisi, così, di andarci anche se, quel giorno Cindy non poteva venire a causa di un colloquio di lavoro.
Quello che mi successe quel giorno, andò oltre qualunque previsione, visto il mio carattere tipicamente pacato, prudente e riflessivo.
La casa mi piacque a tal punto che decisi di comprarla subito, senza aspettare che la vedesse Cindy, firmai immediatamente il contratto...''era lei, era lei la casa perfetta'' pensavo. Era grande ma non troppo, divisa su due piani: al piano terra c'era una grande cucina, il salotto, il ripostiglio ed un bagno, ed al piano superiore c'erano tre camere da letto ed un altro bagno. Tutta la casa era circondata da un giardino, non certo principesco ma, nell'insieme faceva un bell'effetto.
Decisi quindi di andare a prendere Cindy dopo il colloquio, perché ero sicuro che se le avessi detto quello che avevo fatto al telefono, si sarebbe arrabbiata...complice mi era il giorno di San Valentino, così le dissi che avevo una sorpresa per lei.
La portai alla casa e le dissi che era la nostra casa...lei inizialmente rimase basita, poi, però, le piacque molto. L'unica cosa che decisi volutamente di omettere a Cindy fu il fatto che la proprietaria mi aveva fatto vedere che all'esterno della casa, sul retro, vi era una piccola porticina in legno logoro e ammuffito, che stonava molto col resto della casa, che era dipinta di bel bianco candido; disse la donna che quella porticina portava ad una fantomatica cantina che però non era agibile, perché era stata sprangata dall'interno con una grossa trave di ferro. Quando la vidi per la prima volta, in un primo momento pensai che c'era un altro accesso alla cantina da qualche altra parte della casa, ma la cosa mi passò subito dalla mente e la signora fu molto abile nel dirmi, che per due persone la casa era già tanto grande
e, quindi, non avevamo certo bisogno della cantina, e io le credetti.
Comunque non appena il fatto mi tornò alla mente, come dicevo prima, volutamente non lo dissi a Cindy, perché sapevo quand'era superstiziosa e paurosa, e sicuramente avrebbe pensato a chissà che cosa riguardo a quella stana porta.
Così a Giugno del 1984, eravamo già sistemati nella nuova casa e ne eravamo entusiasti, non passava fine settimana senza che invitassimo amici a cena...era davvero una bella casa ed io e Cindy ne eravamo orgogliosi.
Il nostro primo anno a Boston passò così, sereno, e senza che nemmeno ce ne accorgessimo eravamo già all'estate del 1985.
Una sera, mentre io stavo rastrellando le erbacce nella parte di giardino antistante l'abitazione, sentii Cindy che diceva:<< Non capisco davvero perché tenerci questa orribile porta! Sta marcendo sempre di più e non c'è verso di aprirla nemmeno con la chiave!>>
Mollai il rastrello e mi precipitai da lei, e la vidi chinata sulla serratura con l'intento di aprirla.
<<Cindy, non si può aprire, perchè non è una vera porta, non c'è nulla dietro, è solo una porta che per colpa di qualche architetto senza cervello è stata piazzata lì, ma in realtà è finta, dietro non c'è altro che muro!>> dissi.
<<Ma tu come fai a saperlo, se è stata messa qui, sicuramente porta da qualche, forse è un sotteraneo, o una cantina, potrebbe anche farci comodo per contenere gli attrezzi da giardino!>>
<<No, io dubito che porti ad una cantina, Cindy, perché non è nemmeno segnalata sulla piantina catastale, vedrai che è come ti dico io...adesso vieni dentro che sta arrivando un temporale>> le dissi spingendola delicatamente in casa.
<< Beh, comunque un giorno di questi sarà meglio dipingerla quella porta, perché è veramente orribile>> concluse Cindy. E io le rispondi dicendo che l'avrei dipinta di bianco solo per lei.
Perchè lo stavo facendo? Perché stavo mentendo a Cindy? Io sapevo benissimo che dietro quella porta c'era una cantina, me l'aveva detto la proprietaria della casa un anno e mezzo fa.
Non poteva essere che dopo un anno e mezzo pensavo ancora che Cindy si sarebbe impressionata a sapere che la porta era stata sprangata dall'interno, quello che ancora non sapevo è che inconsciamente, cercavo di proteggerla...non so né da chi né da cosa.
Nel periodo che seguì, Cindy sembrò essersi dimenticata dell'esistenza della porta, ma chi invece non se n'era affatto dimenticato ero io...anzi, dopo quel giorno, la mia mente non era più riuscita a pensare ad altro. Era come se per un anno e mezzo quella cantina non fosse mai esistita e poi, all'improvviso, era tornata prepotentemente al centro dei miei pensieri, ma perchè?
Era, ormai, settembre del 1985, fu quello il periodo in cui cominciai a pensare ossessivamente alla cantina.
All'inizio cominciai semplicemente a fare delle piccole ispezioni alla casa, pensavo che se la porta della cantina era stata sprangata dall'interno, doveva esserci per forza un'altra entrata all'interno della casa. Ebbene, mi misi a cercarla.
Spostavo mobili, rasentavo il muro con il mio corpo per sentire se c'erano delle aperture segrete che erano invisibili ad occhi nudo, alzavo tappeti, strisciavo sul pavimento, cercavo botole...ma niente di tutto questo.
Nel punto esatto dove all'esterno della casa c'era quella maledetta porta di legno, all'interno c'era solo il candido e solido muro, non c'era assolutamente nulla! Andai a controllare sulla vecchia cantina catastale della casa, risalente al 1810, e vidi che tutto era come allora: nessuno dei muri della casa era stato abbattuto o spostato. Notai che addirittura, non solo sulla carta non era segnalata la presenza della porta all'esterno ma, nemmeno della cantina c'era traccia, era come se non esistesse...la mia bugia si era rivelata verità.
Per di più, in tutta questa mia ricerca, Cindy incominciò a diventare sempre più sospettosa, notavo gli sguardi sbalorditi ed allo stesso tempo preoccupati. L'unica cosa che non notavo ancora era che non era preoccupata come me per quella porta, lei era preoccupata...per me! Nei mesi che seguirono quel Settembre la mia ricerca divenne sempre più ossessiva: la notte passavo ore a girarmi e rigirarmi nel letto pensando ad una spiegazione logica per tutto ciò, la mia mente continuava a pensare che, se la porta della cantina era stata sbarrata dall'interno , doveva esserci per forza un'altra entrata, a meno che...chi l'aveva sbarrata non avesse deciso di chiudere dentro se stesso...
Questo pensiero s'impossessò di me, non mi faceva dormire e, in seguito, neanche mangiare...cominciai a passare ogni minuto del mio tempo libero, davanti a quella malefica porta, a scrutarla e a studiarla.
Nel frattempo però, per non insospettire Cindy, dipinsi la porta di bianco, del resto dovevo pur dare una spiegazione del tempo che passavo lì, e la cosa più strana fu che mi accorsi, che più io la dipingevo e più essa il giorno seguente era di nuovo del suo colore originale, verdognolo, e più mi intestardivo a ridipingerla e più essa invecchiava e peggiorava. Notai anche che la porta emanava un odore estremamente sgradevole, che la mia mente definì...tombale.
Questo strano fenomeno non fece altro che aumentare ancora di più la mia ossessione: a Dicembre dello stesso anno avevo cominciato anche ad alzarmi di notte per scrutare cosa succedeva dietro quella porta; uscivo di casa in pieno inverno con una piccola candela che facevo passare abilmente attraverso quella fessura che c'era tra la porta e il muro, e poi con il viso appiccicato a quest'ultimo cercavo di vedere che cosa ci fosse all'interno.
Non riuscii mai a vedere molto, a parte quella che probabilmente era l'ombra della mia mano ma, i rumori, quelli sì, erano veramente terribili..inizialmente si udiva uno scalpiccio, riconducibile a dei topi, ma era una cantina del resto; poi, ascoltando bene, il rumore s'intensificava e sembrava un rumore di catene, catene vecchie ed arrugginite che strisciavano sul pavimento ormai consunto.
Questi episodi fecero nascere in me mille fantasie, e la voglia di entrarci cresceva sempre di più...era come se ci fosse un'attrazione... Nel frattempo, avevo preso l'abitudine di passare notti intere ad ascoltare quei rumori, non mangiavo quasi più, non dormivo, nel mio viso si erano fatti largo sotto i miei occhi dei vistosi segni bluastri, non andavo quasi più a lavoro, e poi c'era Cindy. Ormai non sapevo più come giustificarmi con lei ma, di parlargliene era fuori discussione, perché mi avrebbe preso per matto. << Arthur non ti riconosco più, non so cosa ti sta succedendo!?>> mi disse una mattina. Non sapevo cosa risponderle, perché sinceramente non lo sapevo neanche io cosa mi stava succedendo, sapevo solo che dovevo sapere, dovevo assolutamente sapere che cosa si calava dietro quella porta.
<<Niente Cindy, non riuscivo a dormire e volevo prendere aria>> mentii spudoratamente.
<<Beh, sono parecchie notti che vai a prendere aria, mi sembra...comunque ora è tardi, devo andare a lavoro e sarà meglio che vada anche tu...>> disse, poco convinta.
Quella mattina, quando Cindy uscì, non andai a lavoro, dovevo fare una cosa molto importante, dovevo telefonare alla vecchia proprietaria della casa.
Quando finalmente, dopo molta attesa, riuscii a rintracciare la donna al telefono, e notai subito che, mentre era tutta lode per la casa e per il giardino, era molto restia a parlare di quella vecchia cantina, così decisi di andare dritto al sodo e dissi: <<Penso che ci sia qualcosa che vive in quella cantina>>
Dall'altra parte del ricevitore ci fu un attimo di silenzio e poi ebbi quella risposta che tanto avevo temuto ed immaginato negli ultimi mesi ma, che in realtà già sapevo.
<<Lo so>> rispose
Fui ad un passo dal mollare la cornetta e svenire ma, resistetti e con voce balbettante dissi:<<Ccccosa?>>
La donna fece nuovamente un lungo sospiro dall'altro capo del filo e poi disse:<< Se lo lasciate in pace non vi farà niente, potrete vivere altri cento anni in quella casa senza nemmeno accorgervi della sua presenza, basta che lo lasciate in pace, non dovete per nessun motivo tentare di guardare al di là della porta o di aprirla e tutto andrà bene.>>
Dopo queste parole la donna chiuse la comunicazione lasciandomi pietrificato dal terrore, più volte provai a ricontattarla ma, senza riuscirci; pochi giorni dopo venni a sapere che era morta. Le parole della donna continuavano a rimbalzarmi nella mente...quindi era vero, c'era davvero qualcosa o qualcuno nella cantina e che cosa voleva dire ''lasciarlo in pace''? In fondo quella era casa nostra...!
In realtà dopo quella conversazione continuai lo stesso nel mio intendo di scoprire cosa si celasse nella cantina, e non per una sorta d'istinto di protezione del territorio, semplicemente per colpa di quel sentimento che, spesso, fa fare cose stupide agli uomini...la curiosità.
Era quella infatti che più di tutto mi stava logorando, ed era più forte del terrore in sé e della paura di perdere Cindy.
Così una notte in cui avevo dato vita di nuovo al mio macabro rituale, mentre ero intento a scrutare nel buio angusto di quella cantina, la mano che avevo fatto passare all'interno della fessura e con la quale sostenevo una piccola candela, fu toccata da qualcosa, qualcosa di gelido e viscido, e d'improvviso lasciai andare la candela per terra...il fuoco andò sulla porta che si contorse in una smorfia di dolore, che per un solo istante mi fece vedere quello che vi era al di là.
Vidi un antro buio ed angusto, col soffitto a cupola; era molto più piccolo di quello che mi ero sempre immaginato ma, la cosa più terribile era che all'interno c'era una figura trasparente, leggermente azzurrata, con una lunga barba bianca che si univa ai capelli, anch'essi lunghi fino ai piedi; attorno a quel flebile corpo c'era una lunga catena di ferro arrugginito, ma l'unica cosa che era ben definita di quella figura erano gli occhi, erano rossi come il fuoco e mi fissavano...la porta, poi, risucchiò le fiamme ed in un attimo tutto sparì.
Caddi all'indietro sull'erba bagnata del giardino, e goffamente mi rialzai terrorizzato da quanto avevo appena visto e corsi in casa...corsi su per le scale verso la camera da letto.
Improvvisamente la mia curiosità era stata appagata ed improvvisamente le parole della vecchia signora cominciavano ad assumere un significato inquietante ''non vi farà niente se lo lasciate in pace''...
Ma io non l'avevo lasciato in pace, io l'avevo disturbato, ed ora che prezzo avrei dovuto pagare per la mia insistente e morbosa curiosità? Dovevo trovare subito Cindy...dovevamo andarcene subito...
Mentre questi pensieri mi frullavano freneticamente nel cervello, arrivai in camera, aprii la porta e vidi sopra il corpo di Cindy una specie di nube azzurrata che si dissolse un secondo dopo il mio arrivo e volò fuori dalla finestra dove si disperse per le campagne.
Mi buttai subito sul letto accanto a Cindy, all'apparenza sembrava tutto normale...mi avvicinai a lei e il suo volto era insolitamente fermo, sembrava che non ci fosse respiro..le toccai piano la spalla per svegliarla, ma non si svegliava. Iniziai a scuoterla più forte, ma non si muoveva, non apriva gli occhi, allora con le mani sudate e tremanti accesi la luce e vidi... Vidi che il piccolo collo di Cindy era contornato da lividi violacei, larghi quando le dita di una mano...Cindy era morta.
Quel mostro si era preso mia moglie...rimasi a vegliare su di lei per ore, tenendola abbracciata e, alla fine, chiamai la polizia; ero certo che se avessi raccontato la mia storia dall'inizio mi avrebbero creduto per forza, era talmente ovvio...
Fui arrestato il giorno stesso con l'accusa di omicidio e sei mesi dopo venni giuducato colpevole ma, come dicono loro, incapace di intendere, così fui rinchiuso qui...in questa stanza di gomma-piuma.
Molte volte la notte incontro Cindy in sogno e lei mi dice:<<Perché l'hai fatto, eravamo felici...>> e poi sparisce in un vortice di luce azzurrata.
Temo che sia convinta che sia stato io ad ucciderla...

3 commenti: